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Festa della Primavera e dello Spirito Santo
La città di Melfi, governata precedentemente da Alfonso I Re di Aragona nel 1495 venne restituita a Troiano Caracciolo. Lo stesso Caracciolo, dopo il disastroso terremoto del 1456, si era adoperato alla ricostruzione della città e alla rifortificazione delle mura di cinta. Durante l'anno 1528, quando essa fu assediata da Francesco I Re di Francia, venuto a dissidio con l'Imperatore Carlo V, che aveva ereditato il Regno di Napoli dal avo materno Ferdinando il Cattolico, Francesco I si avvalse del famoso esercito denominato "Bande Nere", famoso per la sua crudeltà e ferocia, comandato dal noto Orazio Baglione, per vincere la grande resistenza opposta dalla città di Melfi, con un piccolo avamposto di uomini, formato da pochi soldati e dalla maggior parte di popolani armati di strumenti del proprio lavoro (forconi, roncole, picconi, asce, ecc.). Melfi fu più volte invitata dai francesi alla resa ed a cedere le armi, ma non accettò, privilegiando la morte gloriosa e mai la resa codarda. I francesi, una volta entrati nella città, saccheggiarono e uccisero quasi tutta la popolazione, solo poca parte di essa riuscì a fuggire e a rifugiarsi nei boschi del monte Vulture. La strage è ricordata come la Pasqua di Sangue della città di Melfi. Gennaro Araneo, nel libro "Notizie storiche della città di Melfi" del 1866, oltre a menzionare tutti i dati qui riportati, ricorda ancora la storia di Gianbattista Cerone, di cui diamo notizia nella pagina successiva. L' 11 maggio 1528, giorno della Pentecoste, la città di Melfi fu liberata dagli spagnoli ed i seimila melfitani, superstiti alla strage francese fecero ritorno in città. Questo evento venne solennizzato dal popolo di Melfi con una trionfale processione, detta dello Spirito Santo.
Nel giorno di Pentecoste, i melfitani, inoltre erano soliti festeggiare la primavera, come da usanza medievale. Le giovani in età da marito, secondo tale usanza, in questo giorno potevano dichiararsi ai loro ragazzi ottenendo al benevolenza dei genitori. Col passare del tempo questa tradizione si è unita alla festività religiosa della discesa dello Spirito Santo.
Ogni anno, all'alba , nel giorno della Pentecoste, le persone si riunisco presso la chiesa di Santa Maria ad Nives di Melfi, e si recano alla cappella rupestre dello Spirito Santo, situata in una contrada omonima del Monte Vulture, portando con loro una statua rappresentante lo Spirito Santo. Giunti sul posto, dopo l'ascolto di una Santa Messa , tutte le persone si riversano nei prati per consumare colazioni rifocillanti visto la fatica effettuata per risalire lungo i pendii del Monte.
Anni addietro nel ritorno a Melfi, la statuetta, come da tradizione, era sorretta anche da giovani donne e persone dei paesi limitrofi (Barile, Rapolla e Rionero), mentre oggi sono solo i cittadini di Melfi ad eseguire il rito.
Ragazzi seguono il corteo muniti di cornamuse in terracotta e brandendo rami di castagno .Fino ai primi del Novecento era usanza che tutti i cacciatori potessero sparare in aria, durante il transito della processione per le vie della città, ma le innumerevoli disgrazie che si sono susseguite, hanno posto divieto all'utilizzo delle armi da fuoco.
Nel corteo, preceduto da cavalieri con armature spagnole e da semplici cittadini che vogliono partecipare con i propri cavalli, prendono posto numerose sfilate in abiti tradizionali dell'epoca, con sbandieratori, tamburieri che, con il loro rullio, danno il tempo di marcia ai partecipanti alla processione. Sfilano i gonfaloni delle porte della città e la statua dello Spirito Santo viene trasportata su un carro trainato da due buoi. Durante la sfilata si susseguono numerose esibizioni dei vari gruppi di sbandieratori giunti da diversi luoghi dell'Italia e per tutta la giornata nella città si susseguono numerose manifestazioni.
Giovan Battista Cerone
Su questo personaggio ci sono diverse versioni della sua riconosciuta popolarità, a mio parere la più veritiera potrebbe essere questa:
Il Cerone era un uomo possente molto alto e molto forte, di mestiere faceva il bottaio e spesso si recava sul monte Vulture munito della sua ronca per procurarsi la legna da lavorare, era abile boscaiolo e sapeva usare con maestria la ronca per tagliare rami ed alberi. Ricorreva l'anno 1528, a Melfi regnava Giovanni III della famiglia Caracciolo, quando i francesi guidati da due grandi condottieri scelti direttamente da Francesco I, tale Condottiero Lotrecco e Pietro Navarro, i quali provenienti da venosa cinsero d'assedio la città di melfi che ha causa dell'utilizzo dell'artiglieria parte delle sue mura fortificate furono abbattute. Nell'entrare nella città i francesi trovarono un duro ostacolo nella persona di Battista Cerone, il quale con la sua Ronca nell'omonima via a lui intitolata fece una vera strage di francesi, la tradizione dice che oltre 300 francesi perirono sotto i colpi della sua ronca, ma come altri circa 3000 melfitani venne soprafatto e ucciso. Da ricerche effettuate da Abele MANCINI si riscontra che nella battaglia perirono oltre 7000 persone di cui 3000 dopo che erano stati fatti prigionieri. Tutti i morti della battaglia vennero buttati a valle nel vallone sottostante le mura (oggi ricoperto e utilizzato per l'ubicazione dei Giardini Pubblici della città), che per questo viene dominato Vallone di Capograsso. Il resto della popolazione fuggi sul monte vulture cercando riparo tra i fitti boschi, Melfi fu liberata il giorno della Pentecoste e ritornarono in città dando vita alla Manifestazione della Pentecoste che viene ricordata ogni anno. La resistenza di Melfi fece in modo che Carlo V nel 1529 la titolò "la fedelissima", esortando la gente delle contrade vicine a ripopolarla, visto che da oltre 30.000 abitanti, solo 5.000 erano le persone superstiti nella città, dato che a causa della mancanza di commercio, tutta la zona di chiuchiari, abitata da mercanti, a causa di un violento terremoto andò distrutta e disabitata, concedendo loro per 12 anni l'esonero dal pagamento dei contributi fiscali.