Le origini e la storia di Melfi
E' giusto porre una premessa.
Il mio scritto è frutto di ricerche effettuate tra le varie pubblicazioni edite sulla storia della nostra città, (di cui diamo notizie nella bibliografia a parte), le quali non sono sempre del tutto d'accordo sulle origini e lo sviluppo della città. Sicuramente la cittadina nasce in epoche molto remote, dai tempi dei Greci e dei Romani come testimoniano le varie necropoli rinvenute nelle vicinanze ed io mi atterrò a quanto nel mio ricercare ha ipotizzato quello che di seguito andrò a scrivere. La storia di Melfi è stata fortemente caratterizzata dalla presenza normanno−sveva, che ha dato lustro ed importanza alla città ed all'intera zona soprattutto con il grande Federico II, che fece di Melfi la sede della sua corte e dei suoi interessi in campi diversi. Egli elevò la città al ruolo di capitale dell'Apulia e nel 1231 promulgò nel Castello di Melfi, già sede di vari concili papali, le Costituzioni del Regno, che vanno appunto sotto il nome di "Costituzioni Melfitane". La storia della città e soprattutto la sua nascita, si perdono nella notte dei tempi. Da notizie molto attendibili, si narra che alcune famiglie romane, tornando da Bisanzio, a causa di una tempesta in mare sbarcarono in una località chiamata Ragusa, dove furono ospitati per un breve periodo di tempo. Da quel territorio iniziarono ad addentrarsi nell'entroterra dell'Italia, giunsero nella zona del vulture melfese posta in posizione strategica e ricca di terra da coltivare, fondando la città di Melfi. Dopo diversi anni, parte di questa popolazione continuò la sua esplorazione del territorio ed arrivò sulle coste del Tirreno dove fondò la città di Amalfi (nome composto da A- Melfi). Notizie antiche ci narrano che il nome Melfi derivi dalla presenza del fiume Melfia, in considerazione delle migliaia di ritrovamenti di tombe e insediamenti di epoche diverse, intorno al corso d'acqua.
Proprio la Melfia si forma dall'unione del torrente "Fenaide" che proviene da Contrada Infantina a nord-est del Vulture, imponente massiccio di circa 27 km quadrati in origine Vulcano oramai spento alto 1327 metri con la punta più alta denominata Pizzuto di Melfi, e da suoi piccoli ruscelli che provengono da Contrada Bicocca, che è l'attuale zona di sviluppo abitativo della città. Il torrente, dopo essere scorso intorno la città, seguendo, via gola, i due toppi: Sant'Agata e San Paolo, sfiora la città di Rapolla e termina la sua corsa nell'Olivento, affluente del fiume Ofanto. La città è circondata da numerose colline: da nord-est, Monte Cervaro, Monte Carbone, Montesolorso, Macera, Torre Montanara, Impiso, Serre, Marciagallo, il colle di Seminiello, Chiatramone ed il Ferro, così chiamato per un grande giacimento di ferro lì rinvenuto, che apparteneva ai Cavalieri di Malta, mentre a sudovest si trova Montelapis. Il particolare importante di queste colline è che in tempo antico, soprattutto con i Greci e in seguito con i Normanni, venivano utilizzate come avamposti di controllo per la difesa della città dagli invasori. Negli anni seguenti fu costruita una possente cinta muraria, gran parte della quale è ancora visibile e ben conservata e corre lungo tutto il centro storico della città, ed intorno ad essa vi erano le varie porte di accesso alla città stessa. Non resta molto di esse, ad eccezione della Porta Venosina, vero e proprio monumento di Melfi, così chiamata perchè guardava verso la città di Venosa, con la quale era collegata. Esistono ancora i resti di porta Sant'Antolino con un grande arco a testimoniarne l'antica presenza in mezzo alle spesse mura, mentre delle altre resta nulla, se non il ricordo; di Porta Calcinaia, che era così chiamata per la vicinanza ad una serie di fornaci che trattavano la calce e la terracotta, di Porta Troiana perchè prendeva il nome da Troiano Caracciolo, subentrato nella titolarità del feudo, alla famiglia fiorentina degli Acciaiuoli (commercianti in acciaio) e Porta Bagno forse la più importante che costituiva l'entrata principale della città e dove, nelle sue adiacenze, amavano sostare i numerosi ebrei che giungevano per mercanteggiare. Essa era così chiamata perchè lì erano alloggiati le fontane ed i bagni pubblici della città.Dopo il terremoto del 1851, avendo subito numerosi danni, la porta venne completamente abbattuta.
Nella storia di Melfi il periodo più florido, dopo la caduta dell'Impero Romano d'Occidente e le invasioni barbariche, di certo è quello medievale, con la città che riacquista un ruolo importante in tutta la zona e soprattutto per ciò che concerne la sua posizione strategica, posta com'è sotto il Monte Vulture ed in un'area a cerniera tra la fascia del primo foggiano a destra e quindi la Puglia e quella del primo avellinese per quel che concerne la zona alla sua sinistra e quindi l'ingresso nella Campania. Vi sono poi in epoca medievale nuove, importanti notizie di Melfi con la presenza qui di longobardi e bizantini, con una sorta di "rifondazione" da parte proprio dei bizantini, del Capitano Boioannes con la funzione di fortezza militare intorno all'anno 1018.
La situazione politica dell'Italia Meridionale agli inizi del secolo XI è complessa, con la Sicilia che è diventata califfato arabo mentre il Mezzogiorno continentale è parte bizantino (Calabria, Puglia e Basilicata) e parte longobardo con i principati di Capua, Benevento e Salerno. Il Papato tende ad un certo svincolarsi da altre autorità per giocare un ruolo non trascurabile in futuro, mentre nell'Impero Germanico con l'arrivo di Corrado II nel 1024, avviene il passaggio dalla dinastia ottomana a quella dei Franconi. In tutto questa situazione di forte instabilità, l'occasione è colta al volo dai Normanni che piano piano diverranno i padroni dell'intera Italia Meridionale ed incideranno fortemente anche nella storia futura di Melfi. In Sicilia la spedizione capeggiata dal generale greco Giorgio Maniace consta già di trecento mercenari normanni prestati dal principe longobardo Guaimario IV di Salerno ed il Papato, da qui in avanti, cambia comportamento rispetto ai Normanni e dalla prima fase in cui vi era ostilità verso la nascita di uno stato unitario in Italia Meridionale sotto il dominio normanno, passa ad una fase di forte riavvicinamento e di alleanza con gli stessi. I Normanni diventano quindi sempre più importanti nello scacchiere politico e militare del sud. Quando Guglielmo Braccio di Ferro entrò in Melfi nel 1040, probabilmente rinvenì sulla collina più alta del paese i resti di un castello greco che rifortificò, elevandolo a reggia. Negli anni successivi si avvicendarono Ruggiero I, Ruggiero II, Federico II, Corrado e Manfredi, seguiti dai francesi, spagnoli, i Caracciolo ed infine dai Doria. Nel 1030 Sergio IV che è duca di Napoli, insignisce Rainolfo Drengot della Contea di Aversa primo stanziamento normanno ufficiale e nel 1059 Papa Niccolò II riconosce in Roberto d'Hauteville detto il Guiscardo, il titolo di Duca di Puglia. Già nel 1030 intanto i Normanni si erano stabiliti a Melfi e, dopo la concessione della prima contea di Aversa, di Sergio IV a Rainolfo Drengot, fu costituita la Contea di Melfi, che è riconosciuta da Guaimario IV di Salerno a Gugliemo d'Altavilla, Braccio di Ferro, e poi a suo fratello Roberto il Guiscardo. In questo periodo la città comincia ad essere al centro delle vicende storiche del tempo, ha un prorompente sviluppo urbanistico perchè diviene capitale dei possedimenti normanni dell'Apulia e di lì a pochi anni, esattamente nel 1059, è sede del celebre "Concilio di Melfi" dove, alla presenza di Papa Niccolò II, Roberto il Guiscardo dichiara di convertirsi al cristianesimo, così ottenendo per se e la sua famiglia il titolo di Vassallo della Chiesa di Roma e Principe di Sicilia. Seguirono altri concili, uno nel 1067 presieduto dal Pontefice Alessandro II con la partecipazione di Roberto il Guiscardo, il fratello Ruggero e il principe di Salerno, Gisolfo. Il rapporto tra la Chiesa ed i Normanni vede sullo sfondo sempre la presenza di Melfi, nella quale poi si susseguì il concilio del 1089 indetto da Papa Urbano II in cui vennero approvati diversi articoli del diritto canonico romano e dove venne anche stabilita la partecipazione dei Normanni alla Prima Crociata, comandati da Boemondo. Il quarto concilio avvenne nel 1101, proclamato dal pontefice Pasquale II , il quinto nell'anno 1130 dall'antipapa Anacleto, in ultimo, nell'anno 1137 da Papa Innocenzo II, con deposizione dell'antipapa Anacleto. L'innesto nella dinastia normanna, di quella sveva del ramo degli Hohenstaufen, che portò ad unire sul capo di Federico II la corona di Imperatore Germanico e di Re della Sicilia, significò anche per Melfi un nuovo periodo di fermenti culturali, vista l'istituzione di una apposita commissione di iureconsulti per volere imperiale, che poi, nel 1231 portò a quella che è la pubblicazione delle costituzioni federiciane del "Liber Augustalis" valide per tutto il regno, dette anche "Costituzioni Melfitane" redatte da Pier della Vigne (nacque a Capua nel 1190. Filosofo e dotto, seguì le orme del padre ma fu anche un uomo di corte che sapeva benissimo svolgere i compiti del diplomatico, dell'ambasciatore e negoziatore. A circa 30 anni entrò a servizio della corte di Federico II, allora ventiseienne. Fu prima scrivano e poi notaio fino a divenatare il braccio destro di Federico II e suo cancelliere di fiducia. Giurista laico e colto, fu la persona giusta che Federico volle al servizio del proprio stato. Piero fu l'autorità più vicina all'Imperatore che in lui riponeva una fiducia illimitata, tanto che Dante, nella Divina Commedia, gli fa dire: Io sono colui che tenni ambo le chiavi del cor di Federico... Nel 1231, nel salone del castello di Melfi Federico II, tra baroni e principi convocati da ogni parte, presentò le Costituzioni Melfitane che erano state compilate proprio dal maestro Capuano. Nel castello di Melfi, Pier Delle Vigne ricevette gloria e onori. A Melfi Pier Delle Vine abitò in via Normanni dove ancora oggi è possibile ammirare la sua dimora.) e Taddeo da Sessa. La storia di Melfi si riprese con la regina Giovanna D'Angiò, che diede Melfi in feudo al fiorentino Nicolò Acciaioli con il titolo di Conte. Morto costui senza figli, Melfi passò al demanio regio e poi per poco tempo ad un certo Loffredo Marzano, nel 1290. Le sorti migliorarono con la regina Giovanna II, la quale, nel 1416, concesse il feudo al suo favorito, Gianni Caracciolo con il titolo di Principe. Un giorno lo stesso osò insultare la regina che lo fece uccidere; i suoi beni furono confiscati, ma quando, nel 1442, Alfonso I d'Aragona conquistò il Regno di Napoli, scacciando gli Angioini, restituì i beni e lo stato di Melfi a Troiano Caracciolo, figlio di Gianni. A Troiano succedette Giovanni II ed egli restaurò sia il castello, sia le mura che circondavano la città. A sua volta, fu strangolato a Napoli nel 1847 perchè riconosciuto traditore degli Aragona. Il figlio Troiano riebbe il titolo di Principe di Melfi, lo stesso diede ospitalità a molti greci e albanesi e concesse loro dei casali nei paesi limitrofi:Ginestra, Maschito e Barile nel 1495 (dove tutt'oggi viene parlato, come lingua, l'albanese). A lui succedette Giovanni III, il quale donò molto splendore alla città e durante il suo principato, avvenne il famoso episodio (vedi Giovan Battista Cerone in Personaggi Illustri) dell'espugnazione di Melfi da parte dei francesi, il 23 marzo del 1528. In quel periodo, si ebbe un declino commerciale della città; furono chiuse numerose botteghe, degli oltre trentamila cittadini a Melfi rimasero non più di cinquemila persone. Solo dopo la liberazione della città da parte di Carlo V, che volle ricompensare Melfi per il suo eroismo, definendola con il titolo di "Fedelissima", con l'esenzione delle tasse per dodici anni, vi fu come un invito a qualunque popolazione, affinchè Melfi potesse ripopolarsi e ritornare agli antichi splendori. Cosi nel 1534 in Melfi arrivarono trenta famiglie albanesi, della colonia dei Coronei che si stabilirono nella zona di Chiuchiari, dal nome del loro capo e gli stessi costruirono la chiesa di Santa Maria nel 1570. Tutto funzionò alla perfezioni circa fino al 1600, quando i Coronei, avendo dei forti contrasti con il resto della popolazione, si trasferirono a Barile. Di questo popolo, Melfi ereditò la tradizione della festa delle "panedduzze", che si svolge l'8 dicembre, il giorno dell'Immacolata. Sempre nel periodo medievale, tra i secoli X e XIII, nella zona di Melfi si assiste anche ad un incremento notevole della presenza di ordini monastici, siano essi di tipo occidentale ovvero aderenti alla regola di San Benedetto o orientali, di tipo basiliano. Di ciò sono testimonianze importanti e tangibili, l'Abbazia di San Michele ed i resti del complesso di Sant'Ippolito che si trovano sulle rive dei laghi di natura vulcanica di Monticchio, ma anche diverse chiese e grotte rupestri affrescate, rinvenute tra Melfi e Rapolla come quella di Santa Margherita in cui vi è l'affresco di Federico II o quella di Santa Lucia, e molte altre sparse nei boschi circostanti. Il tramonto della dinastia federiciana significa la perdita di importanza anche per la città di Melfi e la zona tutta del Vulture, visto che la stessa area era particolarmente gradita all'Imperatore che era solito praticare la sua maggiore passione, la caccia con il falco (ricordata in Melfi nell'ultima domenica di ottobre con la festa della Falconeria), proprio nei centri del Vulture ed in modo particolare nella piana che sorge alle pendici del colle dove si trova il Castello di Lagopesole.
Dopo il 1600 inizia un periodo di decadenza, anche se la città di Melfi resterà sempre il fulcro vitale della intera zona, la crisi si è protratta nei secoli, segnata dall'avvicendarsi di varie dominazioni straniere, dagli Angioini del Regno di Napoli alla dominazione borbonica, con la zona che diviene il feudo di molte famiglie, che in un modo o nell'altro, servono la corona. Melfi continua comunque ad essere il centro forte dell'area nord della regione e diventa prima feudo della famiglia fiorentina degli Acciaiuoli, per passare poi ai Caracciolo ed infine, nel 1531, come dono al principe genovese Andrea Doria quale ringraziamento per i servigi offerti alla corona di Spagna nella guerra contro le truppe francesi di Odet di Fois, signore di Lautrec per il controllo dell'Italia. In suo possesso resterà anche il Castello che poi la famiglia Doria cederà allo Stato Italiano nel 1954 con l'obbligo che lo stesso diventi un Museo, cosa che si concretizza con l'istituzione nel 1976 del Museo Nazionale del Melfese proprio in alcune sale del maniero che fu di Federico II. Si arriva poi ad una pagina importante di tutta la storia di Melfi e della zona del Vulture, quella del brigantaggio e delle rivolte della gente contro i piemontesi, dopo l'Unità d'Italia con la zona che è nelle stesse condizione di tutto il Sud, ovvero afflitta da miseria, disoccupazione e forte analfabetismo, racchiusa quasi intorno alla sua montagna, il Vulture.Nel 1860 a Melfi, nell'Episcopio, 2096 votanti proclamarono l'adesione al regno d'Italia per consentire una più stabile vita, ma questa durò molto poco, infatti, in data 12-4-1861 venne proclamato un moto rivoluzionario contro il regime piemontese che si sviluppò in tutte le province meridionali, soprattutto nelle regioni di Campania, Basilicata e Calabria. Il moto ebbe breve vita, fu subito sconfitto , represso, ma ciò favorì la formazione di alcune bande di malfattori denominati briganti, i quali si diedero a saccheggi e rappresaglie contro piccole città. A Melfi la storia narra che pochi facinorosi diedero fuoco al municipio e alla pretura, bruciando l'effige di Re Vittorio e disarmando i piemontesi residenti in città. Di lì a poco, un gruppo di briganti, capeggiati da Carmine Crocco Donatelli di Rionero, il 15 aprile entrò in Melfi, ebbe ragione delle poche guardie e si fece consegnare soldi e quant'altro di valore, dai cittadini.
Molta gente fuggì da Melfi e solo dopo 3 giorni fece ritorno, in seguito all'intervento delle truppe piemontesi guidate dal generale Pallavicini.
Il Crocco si rifugiò nei boschi del Vulture facendo brevi apparizioni attaccando contadini e piccole frazioni. Fu arrestato a Roma nel 1864. Nel 1870, portato a Potenza venne giudicato dalla corte di assise di Potenza e condannato a morte, ma la pena fu commutata in lavori forzati a vita. Per molti anni ebbe condotta esemplare e così fu graziato, ma non potendo ritornare al suo paese nativo (perché non accettato dai cittadini rioneresi), rimase nel carcere di Porta Longone con mansioni di infermiere, dove trovò la morte il 18 giugno del 1905 all'età di 75 anni, essendo nato il 5 luglio del 1830. Melfi lo ricorda in particolare per la crudeltà contro il sacerdote Pasquale Ruggiero, ucciso e barbaramente mutilato il 1 maggio del 1861. Nella casa paterna del Ruggiero, nei pressi della Porta Venosina, fu murata nel 1901 una lapide che ricorda il triste epilogo. Qui tutto appare come asservito alle dipendenze di poche famiglie nobili presenti in città, le quali sanno solo sfruttare la gente attraverso la coltivazione dei loro ampi possedimenti terreni intorno al centro abitato. Attraverso le proprie opere ma anche con il loro agire politico in zona e soprattutto a Roma, parleranno due grossi personaggi di quel tempo, prima il rionerese Giustino Fortunato, succeduto a Floriano Del Zio, e poi il melfitano Francesco Saverio Nitti, che diverrà poi presidente del consiglio e più volte uomo di governo, per portare ad alti livelli gli interessi di questa zona e del centro più importante di tutta l'area: Melfi. Una importanza che già nel 1866, esattamente il giorno 11 di febbraio, portò per la prima volta il Consiglio Comunale di Melfi a chiedere la elevazione a provincia di questa città e di tutto il territorio circostante, in una battaglia sociale ed economica ma anche per la necessaria autonomia amministrativa di tutta l'area, che ancora prosegue e potrebbe dar concretezza ad un sogno a breve, visto il benestare dato di recente dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato all'iter della Provincia di Melfi. Ultimo, ma importantissimo, passaggio nella storia della città di Melfi, è stato l'arrivo, nella zona industriale, della Fiat, con il gruppo torinese che ha scelto proprio Melfi per la costruzione e poi l'avvio della produzione del mega stabilimento Sata e del suo indotto dove si producono dapprima la Punto, poi la Y, ancora la Nuova Punto e la Lancia Ypsilon ed ora la Grande Punto, auto del rilancio del gruppo di Viale Marconi e del dopo crisi. La città conta diverse frazioni, ricordiamo Leonessa dove si può ammirare l'ingresso con il palazzo munito di garitte per la sorveglianza utilizzate come avamposto dai Normanni, cosi come Parasacco, anche qui ci sono resti che testimoniano come Federico II si era contornato di presidi per evitare qualsiasi sorpresa da parte di nemici. Nell’anno 2018, viene celebrato l’evento millenario della costruzione delle mura della città con eventi collegati alla falconeria per ricordarne la data storica.
Tipica Masseria
Ricordiamo inoltre Capannola costituita prettamente da Masserie, S. Nicola zona pianeggiante dove attualmente è ubicata il colosso Fiat con tutte le fabbriche dell'indotto, e le più popolose Foggiano, Foggianello e S. Giorgio verso i laghi di Monticchio. Il monte Vulture ricco di boschi sopratutto di castagneti, nella sua parte esterna ad ovest ospita due splendidi laghi meta turistica per i villeggianti formatosi da due crateri, molto ricca di numerose sorgenti d'acqua Minerale naturale che si crea per la ricchezza di sali minerali di cui è composto il terreno vulcanico. Grande fu la scoperta nel 1961 della famosa farfalla Brahmea, rarità presente soltanto in alcune zone dell'Asia e dell'Africa , appartenente alla famiglia dei Lepidotteri la si puo vedere solo di notte e in un breve periodo della primavera aggirarsi intorno ai laghi di Monticchio (si veda la sezione "Monticchio Laghi") tanto che per preservarne l'incolumità la zona è stata dichiarata nel 1971 Riserva naturale
Il lago piccolo meno profondo del grande di due metri ha un diametro di 524 metri e attraverso un canale alimenta quello grande , nelle sue acque si rispecchia la splendida Badia di S.Michele.
Il Presidente dell'Associazione
Giulio Venezia
Bibliografia
•David Abulafia, "Federico II un imperatore moderno", edizioni Mursia, Torino 1990
•Gennaro Araneo, "Notizie storiche della città di Melfi nell'antico reame di Napoli", tipografia nazionale, Firenze 1866
•Michele Araneo, "Cronache lucane su cinquantasette cittadini illustri", edizioni società di cultura per la Lucania, Napoli 1965
•Michele Araneo, "I cinque concilii papali di Melfi", edizioni Resta, Bari 1965
•Franco Cacciatore, "Floriano Del Zio - Patriota, filosofo, deputato e senatore del regno", editrice Mediacom, Melfi 1997
•Basilide Del Zio, "Il brigante Crocco e la sua biografia", editrice Antonio Liccione, Melfi 2003
•Antonino Lancieri, "Melfi storica e turistica", edizioni arti grafiche La Terza, Bari 1959
•Gaspare Lenzi, "Il castello di Melfi e la sua costruzione, note e appunti", edizioni Bardi, Amatrice 1935
•Antonio Pesce, "Notizie storiche della città di Melfi", tipografia editrice appulo-lucana, Melfi 1915
•Giuseppe Pistolesi, "Per la storia di Melfi, documenti inediti", tipografia editrice Antonio Liccione, Melfi 1906
•Franco Tardioli, "Le costituzioni melfitane di Federico II", ena, Roma 1985
•Mauro Tartaglia, "L'uomo e le piante del Vulture", edizioni Franco Angeli
•Mauro Tartaglia ed Enzo Navazio, "Melfi e la sua storia", edizioni Studio di progetti educativi Melfi
•Mauro Tartaglia, "La saggezza popolare", edizioni Franco Angeli
Ringraziamenti
Monsignor Dante Casorelli
Prof.sa Vittoria Colella
Giornalista Franco Cacciatore
Collezionista Giuseppe Venezia
Prof. Mauro Tartaglia
Gli articoli sono stati scritti dal Presidente dell'associazione Giulio Venezia. Le foto sono di Giulio Venezia. E' severamente vietata la riproduzione anche parziale delle foto e dei contenuti del sito senza previa autorizzazione dell'associazione. Chiunque volesse contribuire a fornire notizie, foto o materiale utile all'ampliamento delle sezioni trattate può contattare la nostra associazione alla sezione Contatti.